September 23, 2006

実現した夢。Un sogno realizzato.


La voce non tremava e la messa in piega reggeva. Fuori un cielo azzurro e limpido, luci a neon anche di giorno, capelli colorati e magliette strappate, ombrellini parasole e occhiali scuri, tacchi a spillo e ciabattine infradito, video musicali e grattacieli oscillanti. Cavoli mi sono detta, sono a Shibuya. Sono a Tokyo. In quel momento ho realizzato di aver coronato un sogno. Consapevolezza arrivata giusto due giorni prima di ripartire.

La mia è stata un'esperienza atipica. Studio lingua e cultura Giapponese da circa tre anni, e questa estate ho deciso di regalarmi 5 settimane di corso intensivo presso una delle più accreditate scuole di lingua per stranieri presenti in Giappone.
Sono partita con la valigia piena di testi grammaticali, vestiti leggeri, regali Made in Italy per le mie amiche nipponiche e con il mio inseparabile MacBook Pro. Davanti a me due infinitamente brevi mesi in una delle metropoli più incredibili del nostro pianeta.
Incredibile la naturalezza della mia vita di tutti i giorni, il sapore pulito dei cibi semplici e cucinati ad arte, il perfetto funzionamento dei mezzi pubblici e la gentilezza radicata in un popolo così antico e disciplinato. Incredibile l'aria pulita di settembre dopo l'afa di Agosto, il fruscìo delle piogge notturne estive e quella sensazione di leggerezza la mattina appena ti svegli.
Tokyo è una distesa sterminata di cemento armato, vetro e legno, parchi lussureggianti incastonati tra i grattacieli, 12 milioni di puntini luminosi che brulicano nello spazio percorrendo il loro destino. Mi emoziono ancora all'idea di essere stata anche io uno di quei puntini. Mi sono mossa con la naturalezza di una molecola di ossigeno in un lago di montagna.

La mia vita di tutti i giorni: sveglia alle 7.00, colazione con frutta e yogurt, doccia tiepida e via. Le lezioni erano dalle 9 alle 12.10; escluse circa 3 ore al giorno di studio i miei pomeriggi erano liberi e potevo dare sfogo alla mia curiosità, con la grande fortuna di avere delle guide indigene al mio fianco. Spesso e volentieri mi sono persa nei piani degli shopping center, con gli occhi voraci e le orecchie tese.

Sono arrivata di venerdì pomeriggio all'aeroporto internazionale di Narita, volo diretto Roma-Tokyo, compagnia aerea Japan Airlines.
Ho trascorso circa 13 ore a bordo, immancabile posto finestrino, alla mia destra una silenziosa signora giapponese che 10 minuti prima di atterrare ha timidamente accennato a una conversazione chiedendomi come era possibile che parlassi perfettamente il giapponese.
Appena ritirato il bagaglio ho subito trovato l'ufficio vendita dei biglietti del Limousine Bus, un'alternativa molto economica al treno N'EX - Narita Express, che in un'ora circa mi ha portato al T-CAT dandomi la possibilità di osservare un tramonto infuocato solcato dalla skyline dei primi grattacieli all'orizzonte. Una donna piccola e dai grandi occhi a mandorla ad aspettarmi con il mio nome scritto su un foglio bianco.
Nell'arco di 30 minuti sono arrivata nella mia casa giapponese, senza avvertire il peso della valigia grazie a un sistema di tapis roulant e alla presenza di ascensori, un must in tutte le stazioni della metro di Tokyo.
Mi sono liberata dei sandali lasciandoli ben allineati nel genkan (spazio riservato alle calzature davanti all'uscio, come già saprete in Giappone è vietato salire in casa con le scarpe); ho percorso a piedi nudi lo studio ammirando scaffali zeppi di volumi colorati e vasi di ceramica raku, la piccola cucina sobria e calda, per poi infilarmi su per la scala che porta al primo piano, una piccola camera da letto con due grandi finestre sul soffitto. Il cielo stellato e il fruscìo delle foglie fuori dalla finestra; il battito del mio cuore e il respiro teso... La struggente consapevolezza di quanto infretta sarebbe volato via il tempo in un posto così diverso, così incredibile.
I miei pensieri sono stati interrotti dal campanello. La mia vicina di casa, una bella ragazza con i capelli castani lunghi e una pera Nashi in dono, che mi invitava a cena la domenica sera per conoscermi e presentarmi la sua famiglia.

La mattina dopo ho incontrato la mia cara amica Keiko che mi ha gentilmente accompagnata davanti alla mia scuola nel quartiere di Shibuya, in modo da non arrivare in ritardo il lunedì mattina alla mia prima lezione. Dopo esserci perse per vie colorate e chiassose e nei piani del centro commerciale Parco, mi ha regalato una visita meravigliosa per Shimokitazawa (il quartiere degli artisti e degli attori teatrali, con il passaggio a livello per il trenino della Setagaya Sen e le bancarelle di frutta e verdura), dove ho mangiato il mio primo washoku 和食 (letteralmente cibo in stile giapponese) in Giappone, e comprato un cellulare rosa e leggero. La sera stessa ho mosso i miei primi passi da sola in una città luminosa e infinita. Nel cuore il desiderio preciso di poter tornare a vivere lì.

La domenica mattina, dopo aver finito di sistemare i miei bagagli, ho fatto una lunga passeggiata nei dintorni di casa. Le strade pulite e i giardini rigogliosi, alberelli perfettamente potati e la sensazione di essere entrata in una fotografia già vista chissà dove chissà quando. Un salto al supermercato (anche se proprio salto non si può definire, dato che ho trascorso mezz'ora solo ad osservare la corsia del tè).
La sera a casa dei vicini ho mangiato il sashimi più buono della mia vita e poi altre tremila cosine bellissime e da leccarsi i baffi. Io mi sono presentata con il tiramisu fatto in casa (per la ricetta, mandatemi un'email) :)

Lunedì mattina. Alle 9 e zero zero ero lì, pronta per sostenere l'esame di ammissione, la mente ancora annebbiata dal fuso orario e dal viaggio nel treno più affollato in cui fossi mai entrata (9 minuti di percorrenza, completamente schiacchiata tra le altre persone, impossibile muovere le braccia e così vicini tra noi da avvertire distintamente il profumo dello shampoo e dei capelli ancora umidi). Dopo aver accertato il mio livello, sono stata presentata ai miei compagni di classe (per la maggiorparte coreani e cinesi), e ho potuto fruire di una lezione prova gratuita.
L'indomani ho cominciato ufficialmente il corso e una settimana prima del termine sono stata invitata a presentare la cerimonia di chiusura dell'anno scolastico insieme a un altro studente dell'Istituto.
Ogni giorno, tornando a casa dopo la lezione, mi sono sempre infilata nel Tokyu (lo shopping center della stazione di Shibuya), dove ho comprato il cestino del pranzo tipico giapponese (obento), provando nel corso della mia permanenza 15 cestini diversi uno più buono dell'altro. Il mio preferito quello con il salmone grigliato in salsa teriyaki, le polpettine di sogliola e la zucca dolce.

Nei pomeriggi liberi ho visitato alcune delle zone più famose di Tokyo: la famosa Ginza, che ricorda molto Oxford Street ma con una stragrande maggioranza di brand italiani, immancabile la foto davanti all'Apple Store e una visita da Itoya, 5 piani di articoli di cancelleria e belle arti tipicamente giapponese. Il quartiere Nihonbashi e il suo lussuoso Mitsukoshi, paragonabile al Lafayette di Parigi o all'Harrod's di Londra, dove ho acquistato il mio primo kanzashi (il fermacapelli a "spillone" delle geishe). E poi Jinbocho, il quartiere dei libri di seconda mano, Edo Tokyo Hakubutsukan, il museo storico della città con le ricostruzioni dell'epoca medievale, l'incredibile Daiba, isola galleggiante che si staglia sul porto con la sua ruota panoramica (dalla quale ho visto uno dei panorami notturni più emozionanti della mia vita), il Rainbow Bridge e la sede futuristica della Fuji TV. Roppongi Hills, il quartiere della musica e dei club, dove ho potuto osservare dal 52esimo piano del Mori building una vedita spettacolare di Tokyo.
Veramente emozionante è stata la visita al tempio di Asakusa Kannon: la mia bellissima amica Vivi-chan ha portato un kimono estivo (yukata) anche per me, mi ha vestita e pettinata alla maniera tradizionale giapponese e mi ha accompagnata al tempio tra lo stupore dei turisti e degli stessi giapponesi, che raramente vedono un'occidentale vestita con i loro abiti tradizionali.

Durante i weekend ho viaggiato per il Giappone con lo Shinkansen, il treno superveloce, visitando le città vicine più famose (Kyoto, Nara, Nikko), di cui vi parlerò prossimamente in post ad esse dedicati. Non ho avuto modo di visitare alcune zone famose con calma (in alcune ci sono solo passata, magari di notte).

Sono rientrata in Italia ma in me è ancora viva quella sensazione di leggerezza... Se chiudo gli occhi sento ancora il profumo dell'aria dell'autunno alle porte, il fruscìo delle foglie alla brezza leggera e il tremolio della terra quando si verifica una lieve scossa di terremoto... Sento il sapore dolce della frutta fresca, così bella da sembrare finta, il trillo dei campanelli delle mille biciclette che sfrecciano per le strade...