In Giappone si possono passare intere giornate addirittura senza scambiare parola con nessuno. I distributori automatici sono ovunque, e sui treni e nei luoghi pubblici nessuno osa importunare i vicini di posto per commentare i fatti recenti o per parlare del più e del meno. Durante i miei viaggi in Shinkansen, nonostante abbia sicuramente incuriosito i vicini di posto con le mie scartoffie piene di kanji, nessuno ha mai osato chiedere il motivo del mio studio o qualsiasi altra informazione.
In Italia, invece, non è difficile che tra i viaggiatori seduti nello stesso scompartimento di un treno nasca una - anche se pur breve conversazione. Come è facile che al mercato, mentre si acquista la frutta e la verdura, si scambino due parole sul tempo o sull'aumento dei prezzi; oppure al supermercato, con il cassiere tifoso si può commentare la partita della sera prima o l'ennesima caduta del governo.
Con queste osservazioni, io e le mie amiche giapponesi ci siamo intrattenute durante l'ultimo viaggio fuori porta, interrotte continuamente dalla nonnina napoletana seduta accanto a noi che voleva sapere tutto: di cosa parlavamo, il motivo del viaggio, che cos'era quel piccolo computer portatile dove cercavamo le parole, ecc. Ogni nostra risposta era per lei una piccola gioia, che si trasformava subito nell'occasione per dirci qualcosa di lei e del suo viaggio.
Una volta arrivate a Orvieto, la nostra attenzione è stata rapita dalla meravigliosa combinazione tra l'antica civiltà etrusca e la successiva colonizzazione ecclesiastica. Una rocca che si staglia tra le morbide colline, con i suoi inconfondibili profili incorniciati da un improvviso cielo azzurro (a Roma il cielo era plumbeo).
Da tanti anni non visitavo l'imponente Duomo, con le sue colonne attorcigliate e le splendide, minuziose decorazioni che ricoprono la facciata. Ben diversa la sensazione all'interno, dove si respira un'aria solenne mentre i passi riecheggiano per l'immensità della sobria navata.
QVOD NATVRA MVNIMENTO INVIDERAT INDVSTRIA ADIECIT.
Ciò che la natura nega, si ottiene con l'ingegno.
Terminato nel 1537, il pozzo è profondo circa 62 metri e, al suo interno, sono state realizzate due scalinate a doppia elica sovrapposte, così progettate per rendere più agevole il trasporto dell'acqua.
Io sono un cultore della parola mi piace molto parlare...ma nei momenti giusti....non tanto per parlare.
ReplyDeleteIn poche parole apprezzo molto il silenzio nipponico come anche la loquacità italica.
Basta utilizzare entrambi nei momenti adatti.
^__^
Matteo:
ReplyDeleteÈ vero, c'è una parte positiva in tutte e due le varianti. Anche se, da parte nostra, qualche volta possiamo sentire una forte mancanza di comunicazione. Noi comunichiamo più con le parole e i giapponesi più con le azioni...
"Fatti! Non parole" recitava un antico slogan della Rex...
ReplyDeleteQuale preferisci la cultura "chiusa" giapponse o quella "aperta" italiana??
ReplyDeleteivitirus:
ReplyDeleteBella domanda...
Se nella cultura giapponese troviamo una particolare cura alla discrezione e alla privacy, in quella italiana c'è il calore della spontaneità e una certa predisposizione per "l'altro". Certamente, i lati negativi pure sono palesi in entrambi le culture...
A Osaka, in un ristorante di Okonomiyaki, due nonnine facevano apprezzamenti a voce alta su come usavo le bacchette, e a Kyoto, al Kinkakuji, un gruppo di vecchietti mi ha fermato pensando che fossi un ricchissimo egocentrico occidentale, visto che potevo permettermi due guide giapponesi tutte per me (erano Sato e N-chan, i miei amici...), hanno proprio ragione a dire che il Kansai è la Campania del Giappone!!
ReplyDeleteNic:
ReplyDeletecarinissimi i tuoi esempi! :D
Anche io nel Kansai ho avuto modo di appurare la forte apertura delle persone. Però amo molto anche la discrezione del Kanto, dove ho spesso scoperto dei grandi cuori dietro. Se ci pensi anche noi Sardi siamo un po' così...
Baci e a prestissimo ;)
sarà per quello che mi trovo bene dove sono... anch'io sono di poche parole e praticamente mai chiedo qualcosa ad uno sconosciuto... uhm, magari qualche indicazione (ma la cosa è diversa).
ReplyDeleteIn Kansai, è vero, è più "famigliare" ma guai a chi la chiama "campagna!" hehehehee E' leggermente dispregiativo chiamare un luogo "inaka" (campagna) in Giappone. Per gli abitanti di Tokyo il Kansai è "kowai" (fa paura), una frase che ho sentito spesso. non tanto per il dialetto (che non sempre è molto comprensibile a quelli di Tokyo abituati ad usare sempre le stesse frasi fatte, fredde tra l'altro) ma per come la gente tende a parlarti... mi riferisco ai commercianti in particolare che ti ringraziano aggiungendo magari qualche commento personale.
A Tokyo, se aggiungi qualche parola vanno quasi in tilt perchè non sanno cosa risponderti :-)
Rob (in vena di difendere il Kansai)
Rob non si parlava di campagna, ma di Campania!!
ReplyDeleteAnche io ho notato la differenza tra Tokyo e Kyoto...però io sono un caso a parte, mi dicono che riesco a parlare anche con i muri e così è!! Anche a Tokyo riesco ad attaccar bottone o a farmi attaccar bottone dai vicini!! E' un mio dono ^_^!!
Comunque, come Matteo, apprezzo entrambe, basta saper distinguere il momento giusto!
Un bacio,
B.
Rob:
ReplyDeleteho tanti amici a Tokyo e altrettanti nel Kansai, e a parte alcuni commenti sul cibo non mi risulta niente del genere... Così come conosco napoletani educatissimi e discreti, ma mi sono imbattuta anche in milanesi chiassosi e invadenti... Fortuna o i soliti luoghi comuni? ^^
Un tuo commento nel mio blog è sempre un onore!
Bunny:
Il tuo è un grande dono, non è facile disporre un giapponese alla chiacchiera, soprattutto nella loro Patria. Baci a te!
oppsss, avevo capito campagna, chiedo scusa. Comunque si, sicuramente c'è un po' di antagonismo tra le due città (Tokyo e Osaka), magari non te lo dicono perché potrebbe non interessarti ma se sei straniero e vivi a Osaka, stai certa che a Tokyo te lo diranno :-)
ReplyDeleteKyoto poi è ancora una cosa a parte e in genere gli abitanti non sono amati da nessuno, dicono ^_^
"Si ama la città come città ma non gli abitanti"
Rob:
ReplyDeleteQuesta sì, l'avevo sentita. Kyoto viene amata come noi amiamo Firenze, cioè per le sue bellezze ma non per i suoi abitanti (altro luogo comune, ho tanti cari amici fiorentini). E poi divertentissima la diatriba sul cibo: a Tokyo dicono che a Kyoto le porzioni sono ridicole, a Osaka che la cucina di Tokyo non è certo buona come la loro, infine a Kyoto dicono che nessuno prepara piatti così raffinati come i loro :D
Che ci sia un fondo di verità in tutto è indiscutibile, solo che ora mi è venuta fame 0_o
Ciao Kazu...ti lascio il link del mio blog dedicato alla musica...penso possa interessarti!
ReplyDeletehttp://musicandsounds.blogspot.com/
Matane!
Invece io sul treno (ma anche in generale) non sono una gran chiacchierona! Anzi, mi piace molto approfittare del viaggio in treno per stare in silenzio, ascoltare la musica e leggere un buon libro!
ReplyDeleteHo fatto due soli viaggi in Shinkansen, ma allora devo ritenermi fortunato, dato che un anziano signore (di Osaka..), appena ha visto la scrittura italiana di un mio quaderno ha attaccato un discorso con me un discorso lungo due ore che ha coperto metà dello scibile umano.
ReplyDeleteVa detto che era una persona molto colta, curiosa, e di grande esperienza (aveva viaggiato in più di 60 nazioni!)
Ma anche sul treno per Kamakura una signora era ansiosa di discutere delle abitudini familiari di italiani i giapponesi.
Caro Cinghius, benvenuto tra le mie pagine ^^
ReplyDeleteCi sono tanti luoghi comuni sugli italiani e sui giapponesi, ma forse è proprio grazie a questi che riusciamo ad apprezzare le cose inaspettate.
Un bacione!