Davanti a noi un viale immenso di grattacieli mezzo spenti e auto in coda.
La folla scorre veloce e sinuosa, siamo due puntini tra decine di migliaia di persone e camminiamo in fila tenendoci la mano.Alcuni negozi chiudono le saracinesche, rientrano i furgoncini e le insegne illuminano porte chiuse.
La città che non dorme mai si prende una pausa, come in una qualsiasi città italiana a fine giornata lavorativa.
Penso alla mia famiglia in Italia, non sono ancora riuscita a chiamare nessuno.Chissà se mia sorella ha già sentito qualcosa... la mia mamma deve essere terrorizzata, avrà esclamato "ancora!", ricordando quando 10 anni fa le si fermò il cuore in gola. Ma questa è un'altra storia.
Mio fratellino può leggere Facebook, sa che appena potrò gli scriverò un'email.Continuiamo la nostra marcia senza sosta, il paraorecchie a volte sembra volare via dalle folate gelide. Guardo fiera i ponpon delle mie ballerine, da quando corro per le scale della Metro ho rinunciato ai tacchi alti e posso camminare per kilometri.
I palazzi si fanno sempre più radi e compaiono le prime fabbriche all'argine del mare.
Il marciapiede si trasforma in una rampa stretta e un po' ripida, stiamo per immetterci sulla superstrada. Ci aspettano 1317 metri di marcia sospesi sull'acqua.
Le persone si fermano sul ballatoio della rampa, terrorizzate dalle vibrazioni. Il ponte ondeggia lento, ricolmo di auto dagli occhi rossi. Non serve confrontarsi, tiriamo dritti e ci immettiamo nella zona pedonale che costeggia il ponte sul lato destro.
Sotto di noi il mare.Vediamo in lontananza un rossore esteso, verso Kawasaki o giù di lì. Alcuni allentano il passo e indicano la zona. Sembrerebbe un grosso incendio. Ancora non conosciamo l'indescrivibile entità dei danni che il Nord Est del Giappone ha subito in poche decine di minuti.
Il ponte sembra interminabile, le scosse si avvertono lente e profonde e noi possiamo solo avanzare. Nessun treno corre nei binari accanto, sospesi in silenzio nel vuoto.
Finalmente cominciamo la discesa verso l'argine opposto. Le corsie pedonali che costeggiano il mare, così piccine e brulicanti durante la mattina viste dal treno, ora sono deserte e incredibilmente vicine.
I lastroni del marciapiedi sono sconnessi, in alcuni punti sprofondati. In altri sembra siano esplosi i condotti dell'acquedotto, il fango ha raggiunto la carreggiata e invaso parte della corsia. Mio marito scatta alcune foto con il telefonino.
Sotto di noi il mare.Vediamo in lontananza un rossore esteso, verso Kawasaki o giù di lì. Alcuni allentano il passo e indicano la zona. Sembrerebbe un grosso incendio. Ancora non conosciamo l'indescrivibile entità dei danni che il Nord Est del Giappone ha subito in poche decine di minuti.
Il ponte sembra interminabile, le scosse si avvertono lente e profonde e noi possiamo solo avanzare. Nessun treno corre nei binari accanto, sospesi in silenzio nel vuoto.
Finalmente cominciamo la discesa verso l'argine opposto. Le corsie pedonali che costeggiano il mare, così piccine e brulicanti durante la mattina viste dal treno, ora sono deserte e incredibilmente vicine.
I lastroni del marciapiedi sono sconnessi, in alcuni punti sprofondati. In altri sembra siano esplosi i condotti dell'acquedotto, il fango ha raggiunto la carreggiata e invaso parte della corsia. Mio marito scatta alcune foto con il telefonino.
Le auto scorrono appena più veloci da questo lato, ci sono anche alcuni taxi in funzionamento. Siamo molto stanchi ma possiamo camminare ancora, secondo una stima più o meno approssimativa in poco più di un'ora saremo a casa.
Casa. Chissà in che condizioni è, e chissà se la struttura ha retto alla violenza delle scosse.
Il palazzo è relativamente nuovo e progettato per sopportare terremoti di scossa 5, ma questa volta abbiamo abbondantemente superato il limite...
L'ambiente intorno comincia a farsi man mano familiare. Superiamo la penultima, poi l'ultima stazione prima di approssimarci ad attraversare un ramo del Fiume Edo.
Oltrepassato il ponte vediamo svettare la cima del nostro palazzo. È ancora in piedi. Decidiamo di fare un giro leggermente largo per capire se possiamo acquistare cibo per l'indomani e comprendere in generale la situazione.
I marciapiedi sono divelti in alcuni tratti, alcuni crolli sono stati arginati. Questa zona è stata costruita rubando spazio al mare, il terreno è meno solido, c'era da aspettarselo.
Il supermercato aperto 24 ore per tutto l'anno è chiuso. Fa davvero uno strano effetto.
Finalmente attraversiamo la strada di casa e ci infiliamo silenziosi nell'atrio attraverso l'uscita di sicurezza. Accosto la chiave elettronica e la porta a vetri si apre silenziosa. Chiaramente l'ascensore è fuori uso.
Prendiamo le rampe di sicurezza, constatando diversi piccoli crolli della facciata esterna sin dal primo piano. Continuiamo a salire.
La porta di casa è leggermente impolverata, per terra alcune tracce di mattonelle sgretolate. Infilo la chiave con il cuore in gola.
...continua
...continua
Gia', per me il momento di infilare la chiave nella porta e' stato il piu' emotivamente complesso di tutta la giornata. :S
ReplyDeleteAttendo con impazienza il seguito.
SirDic ho visto le tue foto, per fortuna il clavicembalo è salvo e potrai deliziarci con nuove sonate magistrali!
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