March 11, 2011

Il terremoto dentro.


Le porte del treno si chiudono mentre scendo svogliatamente le scale mobili. Pazienza, prenderò il prossimo.
Mi dirigo a passo deciso verso i sedili azzurri in mezzo alla piattaforma e prendo posto.
Accanto a me una vecchina in kimono che sonnecchia e due ragazze che cinguettano.

Il turno delle 8 mi ha massacrata.
Sono in piedi dalle 6 e non vedo l'ora di arrivare a casina, farmi una bella doccia calda e mangiare magari un po' di sushi, oggi me lo merito in fondo.
Un fastidioso ronzio invade l'aria e la vecchina accanto a me apre gli occhi.
"Jishin. Jishin da!" esclama. Il terremoto.

Tutto intorno inizia a vibrare. I pannelli pubblicitari sbattono sulle piastrelle e cominciamo ad avvertire il senso di vuoto.
L'aria è pesante e il pavimento oscilla, impossibile stare seduti, impossibile alzarsi in piedi.
Avvertiamo il sospiro del mondo che si muove sopra di noi, impotenti. La scossa è infinita e non accenna a fermarsi.
Sono sottoterra, paradossalmente abbastanza al sicuro, e il mio pensiero corre immediatamente al 15° piano di un grattacielo vicino Shinjuku. Trascorrono forse più di due minuti prima che riusciamo a muoverci.
Afferro il telefonino che si spegne tra le mie mani. Ieri notte ero troppo stanca e ho scordato di metterlo in carica.

Gli altoparlanti confermano una violenta scossa e invitano alla calma.
Tutto mugola, cingola, vacilla.
Ci dirigiamo tutti lentamente verso il piano terra, sorpresi e storditi.
Il silenzio è impressionante. Sappiamo tutti cosa è successo là fuori ma prendiamo tempo per rendercene conto.
Man mano la gente si raggruppa verso i tornelli, ci scambiamo informazioni e monetine tra sconosciuti.

Davanti a due telefoni pubblici si forma una piccola coda. Nessuno ottiene risposta dall'altro capo del filo.
Un'altra scossa, violenta, ci riporta attenti. Mi aggrappo alla balaustra d'acciaio per non cadere.
Attendo paziente in fila per poter chiamare; la voce metallica risponderà anche a me la stessa cosa.
Nel frattempo arriva un treno che scarica decine di persone ammutolite.

Ragiono sul da farsi.
Sono sola in pieno centro a Tokyo, cellulare scarico, il corpo indolenzito.
Devo assolutamente ricaricare la batteria del cellulare.

Decido di uscire all'aperto per farmi un'idea della situazione. La terra trema ancora.
Intorno a me migliaia di persone in giacca e cravatta, alcuni indossano caschi bianchi protettivi.
Le macchine intasano le strade, nessun rumore di clacson. Il panico è ordinato e pulito.
Mi informo e inforco la strada per il negozio Softbank più vicino, un km a sud est.
Lungo il marciapiede cenni di vetri rotti arginati da transenne rosse, gruppi di persone in abito o in divisa.
Turisti sperduti con grosse valigie e le maniche corte, i volti infuocati dalla stanchezza e dallo spavento.
D'istinto cerco il mio viso nella vetrina del negozio accanto.

Finalmente raggiungo il negozio Softbank e connetto il mio cellulare alla presa di corrente.
Appollaiata su uno sgabellino bianco aspetto con pazienza che riprenda vita.
Nel frattempo, impossibile telefonare o spedire sms.
La radio del negozio trasmette le prime sconcertanti informazioni. Qualcuno si accascia nei divanetti bianchi, altri cercano di connettersi a Internet mentre tutto continua a tremare.
Internet!
mi viene in mente Facebook, magari mio marito è riuscito a postare qualcosa.
Ma il traffico dati è pazzesco e la pagina non carica, ho ancora troppa poca batteria.
Mi accorgo anche di avere una fame pazzesca, devo anche andare in bagno.

Da qui posso tornare a piedi al lavoro, e magari chiedere di usare il telefono della manager room.
La batteria è al 50%, no meglio caricare qualcosina in più... 57%, può andare.
Stacco tutto, ringrazio sentitamente il personale e corro, corro.

...continua

10 comments:

  1. Vabe', era un'esperienza che prima o poi dovevamo fare. Pero' adesso basta. Sono contento che stiate bene.

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  2. In altra situazione sembrerebbe l'incipit di un romanzo o di un racconto ambientato a Tokyo...
    invece e' cio' che e' successo ieri in Giappone, e' cio' che hai provato sulle tue spalle, nel tuo animo, e non ci sono aggettivi sufficienti per descrivere cio' che puoi aver provato.
    Forza e coraggio, anche se siamo dall'altra parte del mondo, in questo momento siamo tutti li vicini a voi !!!

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  3. Testimonianza efficace e emozionante!
    Un saluto da Gennaro!

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  4. Finalmente so che stai bene, meno male...non ti conosco ma seguo i tuoi blog e ieri ti ho pensata tanto. Un abbraccio forte a te e a tutti i giapponesi, con il cuore sono con voi. Manu

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  5. Grazie di cuore per la solidarietà ragazzi, in fondo qui siamo stati abbastanza fortunati. Cercheremo di riprendere la normalità al più presto.

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  6. Mi dispiace che sia successo tutto questo, vi penso e prego pe voi

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  7. Da L'Aquila, con tanto tanto affetto per l'unico paese che ha onorato gli impegni con noi, e nei confronti del quale mi piacerebbe poter ricambiare in qualche modo.
    Un caro saluto
    alessio.ludovici@gmail.com

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  8. Da Napoli con immenso affetto e stima sono vicino a voi!
    carlodiego@libero.it

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  9. Ciao non so se ti ricordi di me, sono l'amico di Nicola, ci incontrammo a piramide con Nicola e Shiho a prendere un succo di frutta..
    Ti sono vicino in questo momento cosi triste per il Giappone, un abbraccio..

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  10. Appreso la notizia di questa immane disgrazia, ho provato una profonda pena per gli amici giapponesi, accompagnata dal senso di impotenza. Ho seguito le notizie momento per momento, e come tutti, sono ora preoccupato anche per le conseguenze che questa tragedia porterà all'intero pianeta. Non nascondo anche un filo di rabbia, dopo che è emerso che in fondo, la gestione di quei reattori non è stata proprio zelante, per questo spero che in Italia il nucleare non prenda piede: se hanno sbagliato gli "infallibili" giapponesi, non oso immaginare cosa succederebbe qui (l'Aquila docet).
    Mi fa' piacere che stai bene, ed anche tuo marito. Tienici informati...

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